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Photogallery - La Casa della Nonna

La casa della nonna

di nino romeo


con
mariella lo giudice
, graziana maniscalco, nino romeo

regia

nino romeo


scene e costumi

umberto naso

 

 

La casa della nonna è una commedia: commedia striata di nero su fondo grigio, quello della nostalgia, delle memorie; commedia spruzzata di acido corrosivo, quello dei risentimenti.

La casa della nonna è una commedia di conversazione: conversazione tra due sorelle che si rincontrano, dopo anni, nella casa della nonna, morta da poche ore.

 

Dapprima la conversazione è conflitto: sulle diverse concezioni della vita, dell'arte, della morale, dei comportamenti. In seguito, il conflitto si fa rancore: e su tutto prevale il rapporto con i genitori e con la nonna, cristallizzato sin dall'adolescenza. Ma, come in ogni commedia, conflitto e rancori lasceranno spazio all'intesa, alla ricomposizione di affetti e memorie. Così, le due sorelle scopriranno vincoli d'inattesa solidarietà di fronte ai personaggi maschili (simili, perché congiunti da parentele incrociate) che si presenteranno al finale di ogni scena, e che porteranno via l'unico bene residuo che a loro rimane: la casa della nonna.

 

L'acquisita sorellanza condurrà le due sorelle a riflettere sulla loro vita: una riflessione che investe, inevitabilmente, una parte della generazione alla quale appartengono: quella che si è limitata a specchiarsi nella propria intelligenza e nei propri talenti, rinunciando ad aggredire la vita.

Private della casa della nonna, le due sorelle affrontano con serenità il proprio futuro nella strada, da nuove povere. E dalla strada osserveranno da lontano il palazzo della casa della nonna ristrutturato e trasformato in un albergo ad ore.

 

scheda - rassegna stampa - fotogallery


Estratto della rassegna stampa


hanno scritto di La casa della nonna
Giovanna Caggegi - Giuseppe Condorelli - Maurizio Giordano - Francesco Nicolosi Fazio - Sergio Sciacca


Giovanna Caggegi «La Sicilia» del 17 novembre 2010
Catania - (...) Autore, regista e attore tre i più rappresentativi della drammaturgia italiana contemporanea, con testi di straordinaria invenzione linguistica come, tra gli altri, il celebratissimo "Fatto in casa", "Dollìrio" e "Post mortem", nella sua nuova pièce Nino Romeo recupera un tema a lui molto caro, quello delle relazioni familiari indagate sullo sfondo dialettico tra eros e thanatos. Nella "Casa della nonna" è ancora la morte a liberare la vita, a dare voce autentica all'esistenza di due sorelle che, attraverso l'iniziale incomprensione, riscoprono se stesse e recuperano una inedita dimensione di libertà.

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Sergio Sciacca «La Sicilia» del 22 novembre 2010
Graffiante "Casa della nonna" di Romeo. Splendide Lo Giudice e Maniscalco
Catania - (...) Hanno applaudito e lungamente all'interpretazione più che magistrale delle due protagoniste (Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco). (...) Nino Romeo si compiace a togliere i paludamenti alle parole... Quel linguaggio che descrive la sfera sessuale per come è, senza metafore, quel linguaggio che usò anche Dante, anche il tenero Catullo. (...) Il dramma proposto da Nino Romeo che oltre ad essere autore e regista del lavoro si ritagliato alcune parti significative (un capolavoro è il suo mafioso che minaccia senza sembrare), è la scoperta dell'essere vero... Dramma vero, dinamico, dove le due sorelle dai caratteri complementari, inizialmente abbigliate con eleganza (i costumi graduati in anticlimax sono dovuti alla compartecipe intelligenza di Umberto Naso) e interiormente tormentate alla fine sono vestite di stracci e felici. Una liberazione che coinvolge le due interpreti visibilmente raggianti alla conclusione dell'eroica discesa nella verità dell'essere umano. Ecco: il dramma affronta il disagio della civiltà. (...) Ci sono pagine di autentica poesia e un soffio lirico percorre tutta l'azione. (...) La vita naturale è bellissima, anche senza soldi, anche quando si è impediti (la scena che descrive gli amori di due attempati amanti di cui uno è costretto nella sedia a rotelle è di una altezza lirica indimenticabile). A riassumere i meriti delle due interpreti basterà ricordare che Mariella Lo Giudice vive con uno studio attento delle sfumature psicologiche la scoperta del freudiano Es: fa vibrare la passione, disegna la scoperta della voluttà liberata dalle censure, è l'esemplare ritratto del ritorno alle origini dell'umanità tribale. Non meno perfetto il quadro che Graziana Maniscalco traccia di una femminilità più scaltrita, ma comunque bisognosa della liberazione nell'amicizia, oltre che nell'eros. Personalità pragmatica e proprio per questo creatrice di poesia, come Amalia Guglielminetti, come Lou Salome. Insomma il lavoro è di gran significato ottimamente inteso e vissuto a due artiste di prim'ordine.

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Francesco Nicolosi Fazio «Scenario» del 23 novembre 2010
Senza giardino, senza ciliegi
Catania - Due donne, una su una poltrona rossa, l'altra sulla nera, una bara ed un tavolo, tutto dentro la casa della nonna, appena morta. Poi si finisce in strada, perdendo le due sorelle la casa e la contesa. Spesso Nino Romeo ci ha abituato alla visione della morte come momento sacro e dissacrato di bilanci della vita, che è la vita dei personaggi ma è, ovviamente, anche la nostra. Pertanto la nuova opera di Romeo prosegue idealmente il solco del suo percorso trentennale. L'appagamento ed il trasporto che la pièce concede allo spettatore è supportato dal percorrere il più ampio solco della cultura europea che, a scanso di equivoci, viene letteralmente citata nelle prime battute della commedia. (...) Il conflitto/incontro tra le sorelle viene perfettamente reso nella recitazione di due tra le migliori attrici del teatro italiano: Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco. Ad ogni fine di scena Nino Romeo algidamente si materializza in più personaggi tra loro imparentati, che rappresentano, ciascuno e contemporaneamente, il deus ex machina ed il convitato di pietra. Una atmosfera di ricordi e di occasioni perdute, una vita guardata dalla finestra della casa della nonna e poi ricordata guardando verso la finestra della casa della nonna, espropriata e diventata postribolo; finendo le donne per strada, letteralmente. Un "Giardino dei ciliegi" dei nostri tempi. Grazie ai forti riferimenti usati, l'opera conduce ad una visione anche poetica della condizione umana ed un attualissimo messaggio: la memoria è la base fertile che dà senso alla nostra esistenza e, soprattutto, offre gli strumenti per il nascere della cultura, soprattutto teatrale come nell'opera di Nino Romeo, artista che non ha bisogno di "aggredire la vita". (...) Radici antiche ha il teatro, siamo felici quando conosciamo qualcuno che riesce ancora a coltivarle.

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Maurizio Giordano «dramma.it» del 24 novembre 2010
Roma - (...) Protagoniste dello spettacolo due eccellenti interpreti del teatro italiano, Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice, nei panni di due sorelle tanto diverse e distanti all'inizio del loro incontro, quanto vicine, solidali e felici alla fine della vicenda. (...) A dare sulla scena, in modo ineccepibile, voce e corpo alle due sorelle Grazia Maria e Maria Grazia, una il rovescio dell'altra e che poi finiscono per somigliarsi e per diventare corpo unico, sono Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice. (...) Nel finale di ogni scena, a pennellare con arguzia e professionalità i personaggi, tutti accomunati dalla stessa impietosa arroganza e crudeltà, dell'intransigente becchino, dell'affarista sindaco e del manipolatore - puparo, comune a tutte le latitudini, anche Nino Romeo, che ricordiamo tra i più apprezzati autori della drammaturgia italiana. Il testo di Romeo, così come la rappresentazione, colpisce nel segno, affondando il bisturi su diversi aspetti della nostra esistenza e dei nostri vacui ed oscuri tempi. (...) Alla fine lunghi e calorosi applausi per la messa in scena, per l'autore e soprattutto per le due impeccabili interpreti. Da vedere, assolutamente.

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Giuseppe Condorelli «Scenario» del 26 novembre 2010
La fosca sorellanza

Catania - Una morte, la veglia, il gorgo dei ricordi e dei rimossi ad agitare il lutto. Con "La casa della nonna" - il titolo tranquillizzante cela invece un focolare di rapporti scoppiettanti e infuocati, di occasioni perse e ritrovate - il Gruppo Iarba di Nino Romeo ritorna finalmente a Catania, sulla scena del Teatro Brancati, con una sorta di western domestico e tragicomico in cui scendono a contrapporsi - nell'occasione della scomparsa della nonna - due sorelle, specularmente diverse (anche nei nomi inversamente proporzionali: Grazia Maria e Maria Grazia). L'una (Graziana Maniscalco) poetessa epicureista, mascolina, esuberante, pura estetica; l'altra (Mariella Lo Giudice) segnata dal rigore morale, da una cartesiana e razionale visione del mondo e dei rapporti umani, pudica e riservata, pura etica. La veglia funebre diventa il campo di battaglia che Nino Romeo delinea lungo due atti con una scrittura scintillante in una diversa e rinnovata espressività drammaturgica nella quale sceglie pure di "manifestarsi" impersonando alcune fulminanti ed irresistibili figure: da beccamorto a prete, da imprenditore a uomo di rispetto. Due atti al plurale femminile, declinati nella forma del "contrasto", in cui la parola è contrappunto nervoso e serrato, dall'incedere incalzante, quasi vertiginoso: e solo due mattatrici come Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice sono state in grado di sostenerne tutte le problematicità grazie ad un tour de force recitativo di livello assoluto. Nell'ironia nera delineata dalla drammaturgia di Romeo e scandita da musiche beatlesiane assolutamente stranianti, al libertinaggio esibito della prima replica l'ostinato controriformismo etico della seconda, segnato da una (apparente) macerazione del corpo e dello spirito. Le due sorelle oppongono i loro universi esistenziali ora a colpi di stiletto - citazioni colte, rimandi letterari, eufemismi ideologici e umorali - ora attraverso assalti astiosi e acidi in cui il dialogo s'impenna a calunnia, a svilimento reciproco. Ed è proprio il linguaggio - altro protagonista assoluto - a delinearne la diversità: spudorato, impulsivo ariostesco quello di Grazia Maria; sobrio e compassato, votato alla difesa quello di Maria Grazia. Con la bara della nonna muta testimone, paiono stendersi su di loro il deserto degli affetti familiari e dispiegarsi due solitudini bellicose e sgraziate. Eppure, complice quelle stanze, le due donne cominciano a "ciaurarsi", a riconciliarsi, a tentare di essere finalmente sorelle. Ma il tragico (ed il suo rovescio) è dietro l'angolo. Proprio nel secondo atto che la scrittura e il plot deviano verso il dramma - certo non senza tocchi farseschi - grazie anche al pieno recupero del dialetto, segnale sì di un rinnovata intimità familiare, ma soprattutto di quel mistilinguismo meticolosissimo caro al teatro di Nino Romeo: da "Cronica" a "Fatto in casa" per intenderci. Ma l'agnizione è mistificazione: Romeo impone alla sua messa in scena quasi lo stesso procedimento degenerativo di "Post mortem": sovverte i caratteri delle due protagoniste, che svestite della loro maschera si offrono nella loro nuda sorellanza anche e soprattutto attraverso il "momento animale della lingua" (il ricordo della parlata della nonna) che diventa varco, spazio della ricomposizione degli affetti, di una solidarietà piena. Ma proprio nel momento in cui si riappropriano della loro sorellanza, quanto più emerge il profilo autentico e spiazzante delle loro vite, il destino li obbliga a vendere e dunque a perdere per sempre la casa della nonna, la loro piccola fortezza memoriale. Ormai costrette a vagabondare ma ricche della loro riacquistata "sorellanza" non potranno che contemplare filosoficamente il "bordello" che è diventata la casa della nonna e la loro stessa vita.

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scheda - rassegna stampa - fotogallery


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La casa della nonna di nino romeo

estratto della rassegna stampa cronologica

 

 

hanno scritto di La casa della nonna (in ordine alfabetico)

Giovanna Caggegi - Giuseppe Condorelli - Maurizio Giordano - Francesco Nicolosi Fazio - Sergio Sciacca

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Giovanna Caggegi «La Sicilia» del 17 novembre 2010

Catania - (...) Autore, regista e attore tre i più rappresentativi della drammaturgia italiana contemporanea, con testi di straordinaria invenzione linguistica come, tra gli altri, il celebratissimo "Fatto in casa", "Dollìrio" e "Post mortem", nella sua nuova pièce Nino Romeo recupera un tema a lui molto caro, quello delle relazioni familiari indagate sullo sfondo dialettico tra eros e thanatos. Nella "Casa della nonna" è ancora la morte a liberare la vita, a dare voce autentica all'esistenza di due sorelle che, attraverso l'iniziale incomprensione, riscoprono se stesse e recuperano una inedita dimensione di libertà.

 

Sergio Sciacca «La Sicilia» del 22 novembre 2010

Graffiante "Casa della nonna" di Romeo. Splendide Lo Giudice e Maniscalco

Catania - (...) Hanno applaudito e lungamente all'interpretazione più che magistrale delle due protagoniste (Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco). (...) Nino Romeo si compiace a togliere i paludamenti alle parole... Quel linguaggio che descrive la sfera sessuale per come è, senza metafore, quel linguaggio che usò anche Dante, anche il tenero Catullo. (...) Il dramma proposto da Nino Romeo che oltre ad essere autore e regista del lavoro si ritagliato alcune parti significative (un capolavoro è il suo mafioso che minaccia senza sembrare), è la scoperta dell'essere vero... Dramma vero, dinamico, dove le due sorelle dai caratteri complementari, inizialmente abbigliate con eleganza (i costumi graduati in anticlimax sono dovuti alla compartecipe intelligenza di Umberto Naso) e interiormente tormentate alla fine sono vestite di stracci e felici. Una liberazione che coinvolge le due interpreti visibilmente raggianti alla conclusione dell'eroica discesa nella verità dell'essere umano. Ecco: il dramma affronta il disagio della civiltà. (...) Ci sono pagine di autentica poesia e un soffio lirico percorre tutta l'azione. (...) La vita naturale è bellissima, anche senza soldi, anche quando si è impediti (la scena che descrive gli amori di due attempati amanti di cui uno è costretto nella sedia a rotelle è di una altezza lirica indimenticabile). A riassumere i meriti delle due interpreti basterà ricordare che Mariella Lo Giudice vive con uno studio attento delle sfumature psicologiche la scoperta del freudiano Es: fa vibrare la passione, disegna la scoperta della voluttà liberata dalle censure, è l'esemplare ritratto del ritorno alle origini dell'umanità tribale. Non meno perfetto il quadro che Graziana Maniscalco traccia di una femminilità più scaltrita, ma comunque bisognosa della liberazione nell'amicizia, oltre che nell'eros. Personalità pragmatica e proprio per questo creatrice di poesia, come Amalia Guglielminetti, come Lou Salome. Insomma il lavoro è di gran significato ottimamente inteso e vissuto a due artiste di prim'ordine.

 

Francesco Nicolosi Fazio «Scenario» del 23 novembre 2010

Senza giardino, senza ciliegi

Catania- Due donne, una su una poltrona rossa, l'altra sulla nera, una bara ed un tavolo, tutto dentro la casa della nonna, appena morta. Poi si finisce in strada, perdendo le due sorelle la casa e la contesa. Spesso Nino Romeo ci ha abituato alla visione della morte come momento sacro e dissacrato di bilanci della vita, che è la vita dei personaggi ma è, ovviamente, anche la nostra. Pertanto la nuova opera di Romeo prosegue idealmente il solco del suo percorso trentennale. L'appagamento ed il trasporto che la pièce concede allo spettatore è supportato dal percorrere il più ampio solco della cultura europea che, a scanso di equivoci, viene letteralmente citata nelle prime battute della commedia. (...) Il conflitto/incontro tra le sorelle viene perfettamente reso nella recitazione di due tra le migliori attrici del teatro italiano: Mariella Lo Giudice e Graziana Maniscalco. Ad ogni fine di scena Nino Romeo algidamente si materializza in più personaggi tra loro imparentati, che rappresentano, ciascuno e contemporaneamente, il deus ex machina ed il convitato di pietra. Una atmosfera di ricordi e di occasioni perdute, una vita guardata dalla finestra della casa della nonna e poi ricordata guardando verso la finestra della casa della nonna, espropriata e diventata postribolo; finendo le donne per strada, letteralmente. Un "Giardino dei ciliegi" dei nostri tempi. Grazie ai forti riferimenti usati, l'opera conduce ad una visione anche poetica della condizione umana ed un attualissimo messaggio: la memoria è la base fertile che dà senso alla nostra esistenza e, soprattutto, offre gli strumenti per il nascere della cultura, soprattutto teatrale come nell'opera di Nino Romeo, artista che non ha bisogno di "aggredire la vita". (...) Radici antiche ha il teatro, siamo felici quando conosciamo qualcuno che riesce ancora a coltivarle.

Maurizio Giordano «dramma.it» del 24 novembre 2010

Roma - (...) Protagoniste dello spettacolo due eccellenti interpreti del teatro italiano, Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice, nei panni di due sorelle tanto diverse e distanti all'inizio del loro incontro, quanto vicine, solidali e felici alla fine della vicenda. (...) A dare sulla scena, in modo ineccepibile, voce e corpo alle due sorelle Grazia Maria e Maria Grazia, una il rovescio dell'altra e che poi finiscono per somigliarsi e per diventare corpo unico, sono Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice. (...) Nel finale di ogni scena, a pennellare con arguzia e professionalità i personaggi, tutti accomunati dalla stessa impietosa arroganza e crudeltà, dell'intransigente becchino, dell'affarista sindaco e del manipolatore - puparo, comune a tutte le latitudini, anche Nino Romeo, che ricordiamo tra i più apprezzati autori della drammaturgia italiana. Il testo di Romeo, così come la rappresentazione, colpisce nel segno, affondando il bisturi su diversi aspetti della nostra esistenza e dei nostri vacui ed oscuri tempi. (...) Alla fine lunghi e calorosi applausi per la messa in scena, per l'autore e soprattutto per le due impeccabili interpreti. Da vedere, assolutamente.

 

Giuseppe Condorelli «Scenario» del 26 novembre 2010

La fosca sorellanza

Catania - Una morte, la veglia, il gorgo dei ricordi e dei rimossi ad agitare il lutto. Con "La casa della nonna" - il titolo tranquillizzante cela invece un focolare di rapporti scoppiettanti e infuocati, di occasioni perse e ritrovate - il Gruppo Iarba di Nino Romeo ritorna finalmente a Catania, sulla scena del Teatro Brancati, con una sorta di western domestico e tragicomico in cui scendono a contrapporsi - nell'occasione della scomparsa della nonna - due sorelle, specularmente diverse (anche nei nomi inversamente proporzionali: Grazia Maria e Maria Grazia). L'una (Graziana Maniscalco) poetessa epicureista, mascolina, esuberante, pura estetica; l'altra (Mariella Lo Giudice) segnata dal rigore morale, da una cartesiana e razionale visione del mondo e dei rapporti umani, pudica e riservata, pura etica. La veglia funebre diventa il campo di battaglia che Nino Romeo delinea lungo due atti con una scrittura scintillante in una diversa e rinnovata espressività drammaturgica nella quale sceglie pure di "manifestarsi" impersonando alcune fulminanti ed irresistibili figure: da beccamorto a prete, da imprenditore a uomo di rispetto. Due atti al plurale femminile, declinati nella forma del "contrasto", in cui la parola è contrappunto nervoso e serrato, dall'incedere incalzante, quasi vertiginoso: e solo due mattatrici come Graziana Maniscalco e Mariella Lo Giudice sono state in grado di sostenerne tutte le problematicità grazie ad un tour de force recitativo di livello assoluto. Nell'ironia nera delineata dalla drammaturgia di Romeo e scandita da musiche beatlesiane assolutamente stranianti, al libertinaggio esibito della prima replica l'ostinato controriformismo etico della seconda, segnato da una (apparente) macerazione del corpo e dello spirito. Le due sorelle oppongono i loro universi esistenziali ora a colpi di stiletto - citazioni colte, rimandi letterari, eufemismi ideologici e umorali - ora attraverso assalti astiosi e acidi in cui il dialogo s'impenna a calunnia, a svilimento reciproco. Ed è proprio il linguaggio - altro protagonista assoluto - a delinearne la diversità: spudorato, impulsivo ariostesco quello di Grazia Maria; sobrio e compassato, votato alla difesa quello di Maria Grazia. Con la bara della nonna muta testimone, paiono stendersi su di loro il deserto degli affetti familiari e dispiegarsi due solitudini bellicose e sgraziate. Eppure, complice quelle stanze, le due donne cominciano a "ciaurarsi", a riconciliarsi, a tentare di essere finalmente sorelle. Ma il tragico (ed il suo rovescio) è dietro l'angolo. Proprio nel secondo atto che la scrittura e il plot deviano verso il dramma - certo non senza tocchi farseschi - grazie anche al pieno recupero del dialetto, segnale sì di un rinnovata intimità familiare, ma soprattutto di quel mistilinguismo meticolosissimo caro al teatro di Nino Romeo: da "Cronica" a "Fatto in casa" per intenderci. Ma l'agnizione è mistificazione: Romeo impone alla sua messa in scena quasi lo stesso procedimento degenerativo di "Post mortem": sovverte i caratteri delle due protagoniste, che svestite della loro maschera si offrono nella loro nuda sorellanza anche e soprattutto attraverso il "momento animale della lingua" (il ricordo della parlata della nonna) che diventa varco, spazio della ricomposizione degli affetti, di una solidarietà piena. Ma proprio nel momento in cui si riappropriano della loro sorellanza, quanto più emerge il profilo autentico e spiazzante delle loro vite, il destino li obbliga a vendere e dunque a perdere per sempre la casa della nonna, la loro piccola fortezza memoriale. Ormai costrette a vagabondare ma ricche della loro riacquistata "sorellanza" non potranno che contemplare filosoficamente il "bordello" che è diventata la casa della nonna e la loro stessa vita.