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Mario Brandolin - Giovanna Caggegi - Gianfranco Capitta - Giuseppe Condorelli - Mauizio Giordano - Rita Gari - Gigi Giacobbe - Michele La Spina - Claudio Melchior - Paola Romano - Sergio Sciacca

 

 

Paola Romano «Il Nuovo Friuli» del 13/22 giugno 2001

Udine - … in Amici di Nino Romeo il vino si fa poesia, il linguaggio attraverso cui decifrare il percorso di un’amicizia consolidata dalla politica, infranta dalle ambizioni, ritrovata grazie all’amore, rafforzata dallo spettro della morte. (…) Un testo intenso e brillante, finalmente fuori dai cliché di una Sicilia tutta terra e mafia; una Sicilia di profumi e culture che dal testo traspaiono. Ad ogni vino un brindisi appropriato, un linguaggio diverso, il siciliano che si alterna all’italiano con sottile raffinatezza e intenzione, perché il ballo più arguto, più sottile è quello del linguaggio, di un dialetto con cui pensare, con i suoi raddoppi consonantici che acquistano valore semantico, e un italiano con cui tradurre il distacco emotivo, il raffreddamento affettivo, la formalità della conversazione. Una lettura scenica di grande effetto.

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Claudio Melchior «Il Gazzettino» del 18 giugno 2001

Udine – … un testo che riesce a generare l’emozione del ricordo e il senso tragico del tempo che allontana ma non riesce a uccidere del tutto un’amicizia profonda.

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Mario Brandolin «Messaggero Veneto» del 18 giugno 2001

Udine - … il testo di Romeo, assai ben detto da Fiorenzo Fiorito e Pietro Montandon, riserva belle sorprese: sul piano della scrittura, che si concede vivacissimi intermezzi in un siciliano pieno di umori e vitalità, in drammatico e teatrale contrasto con lo svolgersi della vicenda.

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Giovanna Caggegi «La Sicilia» del 20 giugno 2001

… il testo Amici la cui scrittura lucida, folgorante e senza infingimenti, densa di immagini poetiche e di crudo realismo, attraversa con un ritmo serrato i temi della politica, delle relazioni amicali al maschile, del conflitto generazionale… (…) Particolarmente apprezzato dai critici per la dimensione di ricerca antropologica e di scandaglio linguistico, con la pièce Amici il raffinato percorso drammaturgico di Nino Romeo pare riappropriarsi di una dimensione etica e di una tensione sociale che non appartiene ai testi dove è più pressante la ricerca degli archetipi culturali ed esistenziali dell’esperienza umana. (…) Su questa originale sinfonia, sulla vivacissima partitura modulata dalle note e dai colori dei vini, l’autore racconta degli incontri e degli scontri tra due amici, delle emozioni, dei risentimenti…

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Gianfranco Capitta «il manifesto» del 22 giugno 2001

Udine - (…) Nino Romeo, con i suoi Amici, ripercorre gli ultimi decenni della nostra storia…in una sorta di analisi organolettica progressiva di una generazione. Dal prosecco al picolit, si arriva così a un disvelamento esistenziale di quegli ormai vecchi ragazzi.

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Rita Gari «La Sicilia» del 13 marzo 2002

Catania – (…) Ma se l’analisi sartriana sembra fornire il presupposto filosofico di Amici, le sue ragioni profonde appaiono radicate nella matrice culturale autenticamente siciliana dell’autore: la cui lucida riflessione metafisica scaturisce come un’urgenza delle viscere, dall’ inestricabile groviglio di Eros e Thanatos e si fa urlo inarticolato, o si distilla in tortuoso e pervicace sofisma, o in elaborato insulto barocco, o ancora nell’immaginifica, poetica pedanteria dell’enologo, quasi cifra e «summa» dell’inesausta e raffinatissima ricerca linguistica del Romeo drammaturgo, cui fa da indispensabile contrappunto -con l’efficace contributo delle musiche di Franco Lazzaro- quella del Romeo regista, rigoroso ed essenziale. Alla difficilissima prova hanno risposto con una prestazione di tutto rilievo un Pietro Montandon gelido, tagliente, straniato, e un Fiorenzo Fiorito ironico e disperato, intenso e sensibilissimo. Il pubblico ha sanzionato il meritatissimo successo.

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Giuseppe Condorelli «Giornale di Sicilia» del 15 marzo 2002

Catania - Mescere, insieme a due bicchieri di vino buono, conversazioni e confidenze; ragionare sulle speranze vane, piangere sui dolori quotidiani, mescolare la rabbia e la gioia lungo la storia di due vite, raccogliendo i frammenti che gliene restituisce il tempo; la parabola esistenziale di un’amicizia, dunque. Da un lato il proletario Turi, dall’altro il più alto borghese Salvo. (…) … il “mistilinguismo” che è elemento notevole della rappresentazione di Nino Romeo, assolve egregiamente non solo alla funzione connotativa dei protagonisti ma nello stesso tempo si incarica di aprire squarci notevoli nella rappresentazione. (…) …ci preme sottolineare, oltre alla convincente e faticosa prova di Fiorenzo Fiorito (Salvo) e Pietro Montandon (Turi), le qualità drammaturgiche e registiche di Amici: dalla valenza simbolica della s/vestizione che la percorre tutta e dell’acqua, con la quale, nel finale, i due amici si introducono alla morte per celebrarne però e ricordarne una terza: quella dell’amico suicida Tatò svelato poi nella terza presenza muta.

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Maurizio Giordano «Il Botteghino» del 16/22 marzo 2002

Catania - La pièce diretta con estrema efficacia dallo stesso autore, vede protagonisti l’intenso Fiorenzo Fiorito) e il deciso Pietro Montandon… (…) Lo spettacolo, che raccoglie i consensi del pubblico, colpisce per la crudezza del linguaggio, tra dialetto e lingua, ma affronta argomenti e tematiche di grande interesse ed i tre interpreti danno i giusti ritmi alla pièce.

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Michele La Spina «Gazzetta del Sud» del 24 marzo 2002

Catania - … una di quelle pièce traumatiche ed originali alle quali Nino Romeo ha abituato il pubblico. (…) Un’azione che in Amici è scandita dal ‘flop’ delle bottiglie di vino pregiato destinate a seguire le fasi dell’esistenza di due amici (interpretati ottimamente da Fiorenzo Fiorito e Pietro Montandon) seguiti da una sorta di osservatore superpartes al quale sempre Nino Romeo dà sorniona, muta e a volte compiaciuta presenza, intento com’è a far girare la pagina, a cambiare momento, a vedere da angolature diverse i due amici. (…) Il dipanarsi della storia vede aggressivi faccia a faccia, insulti di stampo sadomasochista che portano a galla la natura umana più di una seduta psicanalitica; mentre il tour enologico aggiunge significati a significati… (…) … non resta che applaudire, come si sono comportati gli spettatori chiamando ripetutamente alla ribalta i protagonisti ed elogiando l’accorta orchestrazione della regia dell’autore.

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Gigi Giacobbe «Centonove» del 29 marzo 2002

Catania - (…) Molto bravi i due attori Fiorenzo Fiorito e Pietro Montandon, in grado di suscitare emozioni, assieme a Nino Romeo che si è ritagliata per sé una parte quasi superapartes come sapeva fare Eugenio Barba e qualcun altro.

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Sergio Sciacca «La Sicilia» del 9 luglio 2003

Siracusa - (…) Raffinatissimo esercizio intellettuale sulla divaricazione tra pretese etiche e realtà estetiche, capriole storiche tra i filosofi del passato e i maîtres à penser di oggi… (…) Gli interpreti sono di una bravura ammirevole. Vivono le situazioni con inesausto dinamismo, cogliendone gli aspetti dal vero. Pietro Montandon incarna lo spirito ardito, insolente, con una parola tagliente più di una lama, con una sicurezza espressa anche dai minimi dettagli del gesto, del corpo atletico. Fiorenzo Fiorito dà voce ai dubbi, alle contraddizioni, ai compromessi, alle molteplici autorepressioni dell’uomo di oggi. Applausi vivissimi del folto pubblico dell’Ortigia Festival (tutto esaurito ovviamente) rivolti anche al commento sonoro non convenzionale, alle scelte di regia dalle forti screziature linguistiche.

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