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regia, scene e luci con
Un uomo giace su un letto, morto e composto. Entra una donna piangente. L'uomo si desta: i due parlano, si affrontano, ricordano. Poi, la donna si stende sul letto; l'uomo la compone e va via per poi rientrare, piangente. La donna si desta: i due parlano... All'interno di un impianto geometrico che richiama vagamente Girotondo di Schnitzler si susseguono sei scene nelle quali l'uomo e la donna assumeranno i ruoli di Padre e Figlia, Moglie e Marito, di Amanti; di Madre e Figlio, di Marito e Moglie e, ancora, di Amanti, per perdere, infine, nell'Epilogo, ogni connotazione relazionale e scoprirsi Uno e Una (o, forse, due Niente). Pur mantenendo una costante identità, il marcato dialetto catanese consente all'uomo e alla donna di affrontare ciascun ruolo con l'acceso realismo di un'identificazione forzata. A questo realismo fa da contrappeso l'ostinato lirismo dei dialoghi, imperniati su un unico argomento: il sesso; o meglio, la sua genitalizzazione. E geometria, identità e mutazione di ruoli, realismo, lirismo, morte, sesso non perseguono alcuna astrazione o metafora, nessun tentativo di indagare recondite turbe nei rapporti familiari e coniugali ed extraconiugali; l'Uomo e la Donna, forse, hanno subìto un sogno - un incubo - all'unisono.
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